mercoledì 21 maggio 2008

"Le città invisibili"

E' sospeso nello spazio e nel tempo questo capolavoro di Italo Calvino. Un meraviglioso esercizio di fantasia, ricco di aforismi, metafore e impregnato di quella filosofia che indaga l'uomo nel suo contesto urbano e quindi sociale.
Non si può recensire un libro così; nulla si può aggiungere alla perfetta concatenazione di parole usate da Calvino con la sua incredibile ricchezza di linguaggio.
Due cose però mi preme sottolineare:
a) questo libro ha ispirato il mio post su San Lorenzo di qualche giorno fa. Mi ha invogliato, cioè, a scrivere e quindi ad interrogarmi sul mio rapporto con la città. Dalla lettura alla scrittura: solo questo meccanismo
in sè, che è scattato, vale la forza del libro...
b) la conclusione è semplicemente la più bella che abbia mai letto, oltremodo attuale:

L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.

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