Mille anni che sto qui
Ho finito di leggere, con una voracità per me assolutamente inusuale, il libro vincitore del Premio Campiello 2007, Mille anni che sto qui, della scrittrice lucana Mariolina Venezia.
E' un grande romanzo che nasce da un progetto veramente ambizioso e per questo ancora più da apprezzare: ricostruire e raccontare l'epopea di una famiglia lucana, dall'unità d'Italia al crollo del muro di Berlino, passando per il brigantaggio, le grandi guerre, la lotta per le terre, l'emigrazione, l'industrializzazione, i tempi della contestazione, la lotta armata... Sullo sfondo Grottole, il Sud arretrato e magico, la civiltà contadina, la morale cattolica, le abitudini piccolo borghesi...
E' un grande romanzo che nasce da un progetto veramente ambizioso e per questo ancora più da apprezzare: ricostruire e raccontare l'epopea di una famiglia lucana, dall'unità d'Italia al crollo del muro di Berlino, passando per il brigantaggio, le grandi guerre, la lotta per le terre, l'emigrazione, l'industrializzazione, i tempi della contestazione, la lotta armata... Sullo sfondo Grottole, il Sud arretrato e magico, la civiltà contadina, la morale cattolica, le abitudini piccolo borghesi...
Piccole storie nel fluire della grande Storia.
E' un viaggio o, meglio, una fuga alla ricerca di un'identità, di una memoria.
A tratti divertente, spensierata, surreale, volgare, crudele, dura, è anche epopea di sentimenti, raccontata attraverso la sensibilità femminile.
L'impianto narrativo sembra in bilico tra una moderna fiction televisiva in costume e una rigorosa ricerca antropologica. Sospeso tra le fantasie grottesche de Il favoloso mondo di Amelie e il neorealismo di Cristo si è fermato ad Eboli.
Gli unici difetti che mi sento di rilevare sono un'eccessiva enfasi retorica nel descrivere alcune situazioni e l'indugiare forse troppo su atmosfere da romanzo rosa. In confronto alla complessità e alla potenza visionaria dell'opera, mi sembrano, però, rilievi trascurabili.
Nel libro è scritto:
"Non è facile raccontare questa storia a chi non conosce la valle del Basento, il cielo celeste come i colori a matita dei bambini, i pendii che il grano rende verdi a primavera e gialli d'estate, i fuochi nelle stoppie, i tralicci per l'estrazione del petrolio, i paesi agonizzanti sulle colline, il volo del nibbio."
E' vero, è così... Il romanzo naturalmente si rivolge a tutti ma solo chi viene da quei paesi può sentire fino in fondo quegli odori, può riconoscere quei colori o ascoltare l'eco di quelle voci... Ricordi che più allontani dalla mente e più ti rimangono dentro, e nei quali Mariolina Venezia ha saputo senz'altro scavare.
E' un viaggio o, meglio, una fuga alla ricerca di un'identità, di una memoria.
A tratti divertente, spensierata, surreale, volgare, crudele, dura, è anche epopea di sentimenti, raccontata attraverso la sensibilità femminile.
L'impianto narrativo sembra in bilico tra una moderna fiction televisiva in costume e una rigorosa ricerca antropologica. Sospeso tra le fantasie grottesche de Il favoloso mondo di Amelie e il neorealismo di Cristo si è fermato ad Eboli.
Gli unici difetti che mi sento di rilevare sono un'eccessiva enfasi retorica nel descrivere alcune situazioni e l'indugiare forse troppo su atmosfere da romanzo rosa. In confronto alla complessità e alla potenza visionaria dell'opera, mi sembrano, però, rilievi trascurabili.
Nel libro è scritto:
"Non è facile raccontare questa storia a chi non conosce la valle del Basento, il cielo celeste come i colori a matita dei bambini, i pendii che il grano rende verdi a primavera e gialli d'estate, i fuochi nelle stoppie, i tralicci per l'estrazione del petrolio, i paesi agonizzanti sulle colline, il volo del nibbio."
E' vero, è così... Il romanzo naturalmente si rivolge a tutti ma solo chi viene da quei paesi può sentire fino in fondo quegli odori, può riconoscere quei colori o ascoltare l'eco di quelle voci... Ricordi che più allontani dalla mente e più ti rimangono dentro, e nei quali Mariolina Venezia ha saputo senz'altro scavare.
5 commenti:
Io sono arrivato a metà....
Davvero affascinante questo libro della "compaesana".
E' bello ritrovare nomi di località, tradizioni, usanze di questa nostra bella regione.....
Dopo il verdetto della giuria,un cronista rivolse all'autrice una domanda a caldo "se lo aspettava questo successo?" e lei rispose "certo...se non fossi stata convinta del valore del libro non lo avrei pubblicato".
Altro che..."sono emozionatissima" oppure "non me lo aspettavo"...
Una grande lucana con le idee chiare.
Un'altra grande perla tra le tante che di cui è ricca la LUCANIA....e che sono ancora nascoste!
Scusa per l'OT, ma serve il contributo di tutti.
Qui ci sono i dettagli della manifestazione di sabato e ti chiedo una mano per pubblicizzarla.
Poi se vieni anche sabato non ci dispiace affatto!
Ciao
Alfredo
Il libro nel complesso è bello, un romanzo che consiglio sempre di leggere. Ho analizzato anch'io qualche punto dedole, ma l'intreccio e il realismo magico che veleggia a piena pagina vale di più.
Un abbraccio, lieta di conoscerti e di leggerti qui
Mapi
http://fotoscatti.leonardo.it/blog
..io in verità ne ho scritto senza averlo letto tutto(succede anche questo e non è un bene...)ma mi piace il punto di vista da cui osservi l'opera.
Sì...un certo eccesso retorico-sentimentale è qualcosa da cui difficilmente si liberano le donne (dostojevsky e manzoni sono nati maschi non per caso...ahahah) ma mi colpisce la tua attenione al livello antropologico.. quello che indaga il fondo di una umanità speciale con le armi straordinarie (e spesso + comunicative) della letteratura.
Però questo occhio profondo non è quello di Levi, che ha guardato alla dimensione economico-sociale sena in fondo guardare a quella puramente umana...(affettività anzitutto).
Mariolina forse lo fa addirittura meglio...
La fama di Levi è legata alla storia + che alla letteratura. E forse quell'opera non è una grande opera..
Ma io chi sono per dirlo???
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